Il gioielliere

«Non si risponde alla violenza  con altra violenza»

La violenza non è soltanto un concetto astratto, o circoscritto a determinati contesti. Può capitare che sia il cittadino comune a dover scegliere se agire in modo difensivo o aggressivo.

Le notizie su tentativi di rapina sfociati in episodi di violenza sono all’ordine del giorno e sono al centro dell’acceso dibattito sulla legittima difesa. L’articolo 52 del Codice penale italiano specifica che essa non è punibile laddove “la difesa sia proporzionata all’offesa”. È quindi possibile stabilire dei limiti rigorosi nei casi di legittima difesa o il giudizio non può prescindere dal singolo episodio? Ma soprattutto, quale proporzione si può applicare, se in gioco c’è una vita umana?

Giorgio Bresso, proprietario dell’omonima gioielleria storica, non ha dubbi al riguardo: secondo lui si tratta pur sempre di «cose e non di persone», per cui, se l’aggressore «non ha fatto un male fisico o anche soltanto un male fisico non letale, il negoziante non ha diritto a uccidere». Nel dicembre 1998, una banda di malviventi prese in ostaggio lui, la moglie e separatamente il figlio. Quest’ultimo fu costretto ad aprire la cassaforte della gioielleria, lasciando nelle mani dei rapinatori un bottino da 2 milioni di euro, ma riuscì a scappare.

In seguito a questo episodio, Bresso ha modificato le misure di sicurezza del suo negozio, installando un sistema moderno e sofisticato. Nonostante il trauma di un’esperienza simile, sostiene che «in caso di rapina, non bisogna mettere a rischio la propria vita frapponendo ostacoli pericolosi per la propria incolumità». Per questo, Bresso ha deciso di non possedere un’arma e non crede di poter giudicare l’aggressore: «Nessuno può immaginare la vita passata di un malvivente e le motivazioni che lo hanno portato ad agire così». La stessa logica si applica, dalla parte opposta, alla difesa dei propri cari, e se il sequestro avvenisse oggi la reazione di Bresso sarebbe la medesima: «Si agisce in modo che nessuno dei propri cari possa soffrirne. Di certo si prova a difendere i propri averi, ma gli affetti vengono prima».

La violenza all’interno del suo ambito lavorativo, secondo Bresso, ha una molteplicità di significati. Se è vero che essa altro non è che l’azione di chi «profana il tuo negozio o la tua abitazione a scopo di lucro, disinteressandosi delle conseguenze che ricadono su chi viene derubato», è altrettanto vero che questa non è l’unica forma di violenza. «La violenza perpetrata dai ladri è, in qualche modo, prevedibile, perché una rapina è ciò che ci si aspetta da un ladro professionista; ma c’è un’altra violenza, più subdola», che Bresso ha spiacevolmente riscontrato. Nel periodo successivo alla rapina, le lentezze nel parziale rimborso del danno subìto hanno creato un ulteriore danno.

La violenza ha quindi sempre molteplici sfaccettature e non si riduce alla sola componente fisica che, pur essendo la più evidente, non è l’unica che dovrebbe essere condannata.

Vittorio Gambaro, Alessandro Vaira, Christian Petrini, Nicole Monticone, Nicole Zuluaga