Il direttore d’orchestra
«Sul palco come nella vita, servono educazione, verità e competenza»
Marcello Corti ha una storia un po’ particolare: da bambino non aveva la minima intenzione di fare il musicista, eppure oggi sta proprio al centro del palco, a dirigere l’orchestra. «Avrei voluto fare l’Accademia di Belle Arti o aprire un bar – racconta -. Piano piano però i miei desideri sono cambiati. Da ragazzo ho iniziato a suonare la tromba e, nonostante fosse uno strumento poco affine al mio gusto e alla mia sensibilità, ho conseguito il diploma con molta fatica e molti momenti di crisi. La tromba non era proprio lo strumento che faceva per me. Dopo il Liceo ho affrontato gli studi di Economia alla Cattolica di Milano. Alla prima lezione di Economia e Gestione delle Imprese di Spettacolo, il prof. Chirico introdusse il suo modulo dicendo che “questo è il corso per chi vuole stare dietro le quinte di un palcoscenico”. Ho capito in quel momento che io invece volevo starci sul palco». Soltanto dopo la triennale Corti si è iscritto a Direzione presso il Conservatorio della Svizzera Italiana. «A distanza di dodici anni dal diploma, posso dire che tutte le scelte sbagliate che ho fatto mi hanno portato forse a trovare la mia strada».
L’attività del Maestro Corti si è svolta per anni principalmente con amatori: «Ho lavorato con bande, orchestre amatoriali, cori, bambini e anziani. Da un lato lavorare con gli amatori è più facile perché il dettaglio delle indicazioni tecniche è più basso rispetto a quanto richiesto in ambito professionale. D’altro canto, le prove con gli amatori richiedono una serie di competenze emotive e relazionali più avanzate. Occorre calibrare una prova in modo tale da intrattenere, oltre che formare, i musicisti. Occorre limitare le proprie richieste musicali a quelle che, secondo buon senso, possono essere effettivamente perseguite, evitando quindi di frustrare le persone che hai di fronte».
Con i professionisti l’attività del direttore d’orchestra non è poi così dissimile da quella del project manager: «Il compito del direttore è innanzitutto quello di raggiungere un obiettivo in un tempo ben preciso e nel modo più economico possibile. Una prova d’orchestra è infatti un oggetto estremamente costoso: da trenta a settanta professionisti altamente specializzati devono raggiungere lo stesso obiettivo e presentare il prodotto finito a un’ora e in un luogo predefiniti. La relazione con un’orchestra di professionisti non è tanto diversa da quella di un team di lavoro: ci sono gerarchie, modelli di comunicazione, scadenze, successi e fallimenti».
C’è la relazione con i musicisti, ma anche quella con il pubblico: «Durante i concerti non penso al pubblico se non per quanto riguarda il cerimoniale di ingresso, uscita, ringraziamenti e saluti. Cerco piuttosto di essere nella musica. Al contrario, quando il pubblico è composto principalmente da bambini, è fondamentale far crollare la quarta parete e trovare un modo di aprire un canale con loro».
Qual è il segreto per far funzionare l’alchimia di un’orchestra? «È un segreto di Pulcinella, talmente ovvio che tutti lo conoscono già. Credo che possa essere espresso in tre parole. La prima è educazione. La seconda è verità: ho imparato che la menzogna, anche a fin di bene, non è mai portatrice di buone relazioni. Infine, la terza parola su cui costruire una relazione, soprattutto in ambito professionale, è competenza».
Christian Panaccione
«Dal saluto al tono della voce alla scelta delle parole e degli argomenti di conversazione, tutto concorre alla costruzione di un vestito sociale che dobbiamo indossare in ogni diverso contesto»
Marcello Corti,
DIRETTORE D’ORCHESTRA