Il professore
Game Fiction:la scuola che insegna con i videogiochi
Che cos’è la game fiction? All’Istituto Michele Buniva di Pinerolo c’è un professore di 27 anni che insegna Laboratorio di Informatica da cinque e che nella sua carriera ha già lavorato per applicare la game fiction alla didattica attraverso l’utilizzo del videogame Minecraft.
Per Mariano Bovi la game fiction è uno strumento a disposizione dell’insegnante «per utilizzare argomenti più vicini ai ragazzi per fargli apprendere la lezione». Ha scelto questo approccio in risposta alla sua personale esperienza scolastica, durante la quale ha percepito una distanza tra gli insegnanti e gli studenti. «Insegnando Informatica, ho molte possibilità di inserire i videogiochi all’interno delle lezioni – racconta -, più nello specifico ho scelto di utilizzare un videogioco amato e giocato tra i miei studenti per spiegare un argomento in modo semplice e immediato».
La sua attitudine alla professione? «Parlare agli alunni in modo estremamente tecnico di argomenti che non vedono mai non sempre è un metodo di approccio efficace».
La risposta degli alunni è stata molto positiva: «Appena hanno visto che qualcosa che veniva insegnato a scuola faceva parte della loro vita di tutti i giorni, si è accesa in loro una lampadina. Anche ragazzi che non avevano un livello alto in competenze informatiche sono riusciti a ottenere ottimi risultati personali».
Per avvalorare la sua tesi, prende come esempio un suo alunno che nell’anno scolastico 2022/2023 aveva voti bassi e, a fine anno, in un compito assegnato a tutta la classe che consisteva nel creare un gioco per due avendo carta bianca sulle specifiche, è riuscito a ottenere risultati ottimi, arrivando addirittura a prendere come voto 10.
Lo rifarebbe? «Certamente sì, ma credo che questo metodo didattico vada adottato nei momenti e con gli argomenti giusti, perché altrimenti si corre il rischio di trasformare tutto in un gioco».
Il suo consiglio per gli insegnanti che intendono adottare la game fiction è di scegliere un argomento che suscita in loro un autentico interesse. Altrimenti, l’approccio potrebbe risultare forzato.
Alla domanda se lavorerebbe in una scuola che utilizza solo ed esclusivamente la game fiction come metodo di spiegazione, risponde che non lo farebbe: «La game fiction va inserita in un insieme di strumenti, non può essere l’unico».
Mauro Avigliano, Christian Petrini, Angelica Mallia, Agnese Triberti