I FONDATORI DI RUMBLE
Protesta: la violenza è inaccettabile in ogni contesto
Perché associamo con così tanta naturalezza la violenza al concetto di protesta? Me lo sono chiesta tante volte, ma mai come in questi ultimi mesi, che sono stati un susseguirsi di manifestazioni e soprusi. Troppo spesso ormai fanno notizia episodi di cortei i cui partecipanti vengono percossi dai poliziotti fino a sanguinare.
Per venirne a capo, abbiamo intervistato i fondatori di Rumble, associazione culturale molto attiva nel Pinerolese: Lorenzo Pesando e Matteo Oporti. Entrambi ora frequentano l’università ma non hanno dimenticato gli ideali che negli anni del liceo li hanno portati a dare vita a “Parliamone”, che poi si è trasformata in Rumble. Oggi l’associazione organizza eventi rivolti in particolare a liceali e universitari, spesso in orario serale ed estremamente informali, durante i quali è possibile confrontarsi l’uno con l’altro e ascoltare l’intervento di un ospite riguardo i temi più attuali.
Esistono proteste per o contro le quali diventa necessario utilizzare la violenza? «No – è stata la loro immediata risposta -. Perché la violenza è inaccettabile in ogni contesto; la violenza porta soltanto altra violenza e non risolve nulla». Allora perché in moltissime città del mondo giovani studenti che protestano civilmente vengono picchiati? «La questione è complicata – dicono Matteo e Lorenzo -. Da un lato la reazione violenta da parte della polizia alle manifestazioni pacifiche viene visto come un tentativo di limitare la libertà d’espressione. Dall’altro lato, le azioni violente di piccoli gruppi ribelli possono andare a intaccare l’intera causa dei manifestanti, danneggiandola».
Ma perché, dunque, è così diffusa la violenza? «La violenza è così diffusa perché le nostre menti non sono abituate a discutere delle notizie e a confrontarsi su temi seri, soprattutto fra noi giovani, che siamo rinchiusi in un individualismo favorito spesso dai social network. Per questo motivo è estremamente importante parlare di cosa accade nel mondo ed esprimere senza paura ogni propria opinione, in modo da riuscire, insieme, a trovare una soluzione: dall’unione di due idee diverse non può che nascerne una terza che include i punti migliori di entrambe. Perché non basta dire sempre e soltanto no, non basta dire che un qualcosa è sbagliato: bisogna cercare di proporre delle soluzioni. Ed è proprio per questo che le manifestazioni, soprattutto se diffuse su larga scala, sono ottime per diffondere informazioni e ideali, ma non sempre riescono nel loro intento di cambiare la realtà che le circonda».
Giulia Galfione, Rebecca Moreira ramos, Carlo Costan, Manuel Lupo