La ricercatrice
Medicina di genere: discriminazione invisibile
La Medicina di genere è un approccio della medicina molto giovane che mira a personalizzare l’assistenza sanitaria, riconoscendo e valorizzando le differenze biologiche e di genere tra i sessi. Per capirne di più, abbiamo intervistato la dottoressa Silvia De Francia, professoressa associata in Farmacologia al Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche dell’Università di Torino, giornalista, divulgatrice scientifica e autrice del libro “La medicina delle differenze. Storie di donne, uomini e discriminazioni”.
Non si parla molto di Medicina di genere. L’argomento è, infatti, diventato oggetto di studio molto recentemente: nel 1991, una cardiologa statunitense si accorge che le donne che soffrono d’infarto vengono curate in modo diverso e meno preciso rispetto agli uomini. In Italia si inizia a parlare della Medicina di genere soltanto nel 2016, con un ulteriore aumento dell’attenzione nel 2019 con l’emanazione del Piano ministeriale sulla diffusione della Medicina di genere, rimasto però ancora in parte poco applicato, anche a causa dello stop dovuto al Covid-19. Oggi ci sono soltanto poche persone che in Italia si occupano di Medicina di genere: tra queste, la dottoressa De Francia, anche referente regionale, per l’Università di Torino, al gruppo tecnico sulla Medicina di genere.
«Tra i medici di Medicina generale, vi è scarsa consapevolezza sulla Medicina di genere, perché il personale sanitario oggi operativo è stato formato quando non c’era ancora sensibilità e attenzione per questi temi», ha spiegato la dottoressa De Francia. La differenza tra i sessi si può vedere molto bene, ad esempio, nell’assunzione dei farmaci prescritti: la via di assorbimento, distribuzione, metabolismo ed eliminazione dei farmaci cambia tra uomini e donne. Anche dal punto di vista del genere, ossia del comportamento caratteristico di uomini e donne, si possono riscontrare differenze in ambito terapeutico: le donne assumono un farmaco con maggior aderenza. L’uomo, invece, tende a seguire la terapia con meno attenzione. Questo fenomeno è causato dal fatto che le donne si controllano di più e sono più orientate alla prevenzione, a differenza dell’uomo, che tende, invece, a prendersi molta meno cura di se stesso. Le differenze di sesso e di genere si possono anche notare nell’abuso di psico-farmaci, alcolici o sostanze stupefacenti per quantità e tipologia. Anche a livello di effetti collaterali, visto che la fase clinica e preclinica delle sperimentazioni farmacologiche continua ad arruolare principalmente maschi, abbiamo nelle donne, una volta che i farmaci sono in commercio, un maggior numero di probabili effetti collaterali e di eventi avversi. «La sperimentazione viene ancora principalmente condotta su uomini perché più semplici da studiare», commenta De Francia.
Con la professoressa è stato inoltre toccato un ultimo aspetto, ossia quello della violenza di genere in ambito lavorativo. «Il soffitto di cristallo – spiega De Francia – ovvero l’insieme di difficoltà molto presenti, anche se invisibili, che gravano più sulla popolazione accademica femminile che su quella maschile, spiega molto bene la violenza subita dalle donne in università. Ad esempio, la questione legata alla maternità e la difficoltà nel conciliare quotidianamente lavoro e famiglia».
Umberto Molinero, Vittorio Gambaro, Emanuele riba, Lucrezia Pailo