Spensieratezza

Alla ricerca della spensieratezza perduta

Un progetto di alternanza scuola lavoro realizzato dall’eco del chisone e liceo scientifico maria curie di pinerolo

Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento. È la frase racchiusa dentro l’acronimo Pcto, con cui si indica oggi l’alternanza scuola lavoro attiva nelle scuole secondarie di secondo grado. L’Eco del Chisone e il Liceo Scientifico Maria Curie l’hanno tradotto in un viaggio tra le parole, scritte e non. Dall’aula 12 del loro Liceo, otto studenti si sono spinti dentro e fuori i confini della scuola, hanno raccolto interviste e punti di vista per provare a raccontare i propri coetanei e anche un po’ se stessi. Una generazione alle prese con un futuro mai così incerto e sconosciuto.

Punto di partenza: uno studio realizzato dalle Fondazioni Zancan (Padova) e Cosso (Pinerolo) nel 2016, che aveva coinvolto 590 ragazzi tra i 15 e i 19 anni. A distanza di sette anni, e con una pandemia di mezzo, i ragazzi del progetto Aula 12 hanno riproposto un questionario agli studenti di tutte le scuole superiori del Pinerolese. 41 domande a cui hanno risposto 290 giovani tra i 14 e i 19 anni. Hanno analizzato i risultati, li hanno messi a confronto con lo studio del 2016 e ne è nata un’infografica che trovate a pagina 29. Due spunti su cui riflettere: la maggior parte dei ragazzi utilizza uno smartphone per almeno 4 ore al giorno e si informa sui social. Il 72 per cento prova stress pensando alla scuola e soltanto il 19,9 per cento appagamento. Alla domanda su che cosa manchi della vita prima della pandemia, le risposte più frequenti sono “libertà” e “spensieratezza”.
Aula 12 è un gruppo di lavoro composto dagli studenti nella foto da sinistra Ilaria Ghivarello, Tommaso Merlo, Lucrezia Zucaro, Sabrina Bottino, Martina Mammoliti, Emanuele Gai, Andrea Ramonda e Anna Boccuzzi, coordinati dalla giornalista Daria Capitani con la supervisione della professoressa Stefania Gilli.

Giovani che raccontano giovani
Generazione Zeta: «Siamo molto più di un’etichetta»
Chi sono gli adolescenti di oggi? Nativi digitali, creativi, inclusivi, intraprendenti eppure fragilissimi. Lo abbiamo chiesto a chi, per storia personale o professione, si confronta con loro ogni giorno

Nel linguaggio giornalistico, è stata definita la Generazione Zeta. È la macro categoria che racchiude al suo interno i nativi digitali, ovvero gli adolescenti e i giovani sotto i 25 anni. Una fascia demografica che, insieme ai millennials, ha vissuto buona parte della propria vita adulta dopo la crisi economica del 2008 e nel pieno della crisi climatica. Un’età simbolica di un modo nuovo di vivere il mondo.
Il Pcto promosso da L’Eco del Chisone al Liceo Scientifico Maria Curie di Pinerolo si è posto l’obiettivo di tracciarne un ritratto. Senza etichette né tesi predefinite, un osservatorio sincero e il più possibile fedele alla realtà. Giovani che raccontano giovani, attraverso le voci di chi, per professione o storia personale, con la Generazione Z si confronta ogni giorno.
La psicologa
Giada Bollati è la psicoterapeuta e sessuologa che si occupa dello Sportello attivo al Curie di Pinerolo. «Gli adolescenti sono il mio target preferito, perché quando lavoro con loro mi stupiscono sempre – racconta -. È una generazione complicata perché la società è diventata più complessa e i giovani la rispecchiano a pieno. Gli adolescenti di oggi sono più acuti e ricettivi rispetto alle generazioni che li hanno preceduti, hanno la mente aperta e vogliono esplorare il mondo intorno a loro senza preconcetti. Sono determinati a sfidare stereotipi di qualunque tipo, li vedo battersi per un mondo più green e pacifico, li vedo coscienziosi su argomenti importanti come il cambiamento climatico. Un lato negativo è invece la tendenza a vivere “iperconnessi” e questo provoca danni emotivi e relazionali». Il presente rivela un bisogno nuovo: ottenere risultati nel brevissimo termine. «Internet e la tecnologia ci hanno abituati a dare e ricevere in tempi molto veloci: il problema sorge quando ci si scontra con la realtà di un mondo ricco di imprevisti e ostacoli, che rallentano o impediscono il raggiungimento degli obiettivi e deludono le aspettative».
Quali sono le situazioni di disagio più diffuse? «Sono la risultante della combinazione tra le vulnerabilità individuali e l’ambiente di sviluppo, in primis la famiglia. La regolazione emotiva è la base su cui nascono disturbi d’ansia, disturbi alimentari, dipendenze fisiche o virtuali, disturbi relazionali o sessuali che sono i principali motivi per cui gli adolescenti oggi chiedono aiuto». Altri ambienti in cui possono nascere disagi sono quello scolastico o quello amicale/sociale. «La scuola – continua Bollati -, per quanto stressante possa risultare, è un fenomeno da normalizzare come fattore di crescita. Un discorso a parte va fatto per il disagio causato dal Covid: la pandemia ha minato le relazioni degli adolescenti con i pari, che sono la linfa grazie a cui si cresce e si matura. Non poter più vedere gli amici o fare sport ha avuto e ha tuttora un grave impatto sul benessere psico-fisico dei giovani».
La vicesindaco
Si fa un gran parlare di giovani come se si trattasse di un grande agglomerato informe. Eppure, dentro quel contenitore ci sono pesi e misure molto differenti. In Comune a Pinerolo, a occuparsi di Politiche giovanili è la vicesindaco Francesca Costarelli, che ha accettato l’invito di Aula 12 a farsi intervistare. «L’attuale sindaco Luca Salvai, quando ha vinto le elezioni sei anni fa, era convinto di essere uno dei sindaci più giovani di Pinerolo – ha esordito -. Andammo a informarci e scoprimmo invece che, subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, la politica era gestita da giovanissimi: i primi sindaci dopo la Liberazione erano ex partigiani, da poco maggiorenni». Perché si occupa di Politiche giovanili? «Per me, fare politica è avere un’idea precisa della cosa pubblica e saperla raccontare. Occuparsi delle Politiche giovanili significa occuparsi anche di molti altri temi trasversali, dei trasporti ad esempio».
Gli studenti del Pinerolese lamentano la mancanza di luoghi di svago: «Mi stupisce -ha risposto Costarelli -, perché di attività a Pinerolo ce ne sono. Purtroppo è molto difficile far arrivare la comunicazione a quella fascia d’età. Forse la politica non riesce ancora a sollecitare i ragazzi».
Cosa pensa della nostra generazione? «Io vedo una profondità, una potenza e una proprietà di linguaggio che nessuno riesce ad avere. Un esempio concreto è rappresentato dalle manifestazioni per l’ambiente. Vi teniamo in grande considerazione, perché non siete soltanto il futuro, siete il presente».
La voce degli studenti
«Mi è piaciuto andare a scuola in Italia, anche se il sistema scolastico è molto diverso da quello del mio Paese». Isabella Gast è una ragazza svedese che quest’anno ha frequentato la terza Liceo al Curie. Le differenze principali tra i due sistemi scolastici, secondo lei, riguardano le lezioni: «Durano meno qui rispetto che in Svezia, forse è per questo che in  Italia sono molto meno interattive e la maggior parte delle volte si basano unicamente sulla spiegazione, senza dare spazio al confronto. In Italia si fanno anche più verifiche, e la scuola risulta più stressante». L’occupazione studentesca che le scuole pinerolesi hanno vissuto in inverno è stata per Isabella «una assoluta novità. In Svezia ho partecipato a diverse manifestazioni, ma non ho mai vissuto alcuna occupazione. Non ho capito del tutto le dinamiche con cui è avvenuta, sicuramente però alcune proposte erano condivisibili, spero possa essere effettivamente servita a qualcosa».
Anche con Emanuela Pugliese, rappresentante di Istituto e studentessa in quinta, si è parlato molto dell’occupazione di febbraio: «Dopo quell’esperienza, ho avuto il dubbio di non essere la persona adatta a rappresentare persone con idee opposte alle mie. Allo stesso modo, il 18 febbraio a Torino mi sono ritrovata in mezzo a una folla che portava con sé rivendicazioni in cui non mi riconoscevo. Credo che abbiamo sprecato un’occasione: avremmo potuto sfruttare il momento di esposizione mediatica per esporre i disagi di una generazione intera». Che cosa significa avere 18 anni in pandemia e con una guerra nel cuore dell’Europa? «Non avrei mai pensato che la pandemia, o le guerre, rendessero incerto il mio futuro, eppure questi elementi insieme hanno concorso a formare in me una forte idea di insicurezza».
La scuola è in grado di rispondere ai bisogni dei giovani di oggi? «Da piccolo nessuno ti dice che non sei un voto: io l’ho capito soltanto crescendo. Ma io ho visto persone insegnarmi le cose con amore. E talvolta si verifica una sorta di squadrismo: non sempre noi giovani siamo disposti a farci capire». Il mondo non è mai cambiato, sono cambiate le generazioni piuttosto. «Esatto. La nostra è forse la prima a gridare a gran voce: “Ma come ti permetti?”».
Daniele Berrino, studente al quarto anno all’Itis Pinerolo, prova a immaginare il futuro: «Non avere paure è impossibile. Ho capito che una cosa importante nella vita è porsi delle domande perché aiutano a capire se stai sbagliando o no. L’importante è farlo da soli, poi se è un ostacolo davvero invalicabile ci si può far aiutare dalle persone giuste, perché qualsiasi paura non è altro che un nodo da sciogliere».
il mondo degli adulti
«I ragazzi di oggi indossano da una parte una scarpa da ginnastica, dall’altra una pantofola». Così Giancarla Deferrari, professoressa di Lettere al Liceo M. Curie, dà un’immagine di questa generazione. «La scarpa – riprende – rappresenta la voglia di fare, di mettersi in gioco, caratterizzata soprattutto da creatività e intuitività; all’opposto la pantofola mostra il disinteresse, la pigrizia e la noia». La soluzione, secondo la docente, è «trovare un equilibrio tra i due estremi per non rischiare di essere superficiali e correre troppo da un lato, ed evitare il rischio di essere apatici dall’altro».
Giancarla Deferrari riscontra nei giovani una certa fragilità e una scarsa autostima, dovute in parte al comportamento genitoriale: «I genitori sono troppo protettivi e hanno aspettative alte per i figli sin da piccoli. Spesso li proiettano verso lavori di serie A, secondo una concezione gerarchica delle professioni che appartiene ai genitori e non ai ragazzi». Un consiglio per gli studenti: «Mettetevi in gioco, ma senza arroganza. Soltanto con umiltà potrete imparare da tutti nelle diverse situazioni».
Punto di vista interessante è quello di Federico Cramer, classe 1953, ex insegnante e rappresentante dei genitori. «Non è facile, ahimè, capirsi tra istituzioni scolastiche e genitori, anche quando c’è buona fede. Allo stesso modo, io mi sforzo di comprendere i miei figli, ma sono convinto che loro pensino il contrario». C’è uno stigma sociale che pesa sulle spalle degli adolescenti? «Non viene riconosciuta pienamente la loro dignità e autonomia. Pur avendo ancora bisogno di una guida, hanno idee e progetti degni di essere ascoltati». 
Crede che i genitori debbano avere voce in capitolo nelle decisioni sul futuro dei figli? «Il protagonista della decisione deve essere il ragazzo, altrimenti non sarà in grado di trovare la motivazione per portare avanti un progetto». Molti giovani hanno dichiarato di trascorrere il tempo libero facendo nulla o dormendo, cosa ne pensa? «I social non aiutano: l’adolescente ha bisogno di socialità, da soli non siamo niente».
Secondo Francesca Camusso, giovane professoressa in forze al Curie, «le difficoltà che i ragazzi hanno avuto con il Covid non emergono all’interno dell’ambiente scolastico, un tempo si veniva a scuola con l’idea di uscire il sabato sera ma con il lockdown questo è venuto a mancare; la pandemia ha reso i ragazzi più fragili e i problemi si sono amplificati».
Per Giuseppe Caggiano, rappresentante di classe dei genitori, i ragazzi di oggi «sono intraprendenti, più pronti a viaggiare e a incontrare nuove culture». Se da una parte avere molte opportunità è un bene, ha però anche i suoi lati negativi: «Può creare smarrimento e talvolta mancanza di giudizio».
La professoressa Demarchi, che insegna Religione, sostiene senza tentennamenti che affiderebbe «già adesso l’Italia in mano ad alcuni studenti». Si sente di rappresentarli e difenderli dalle critiche: «Lo noto nei ragazzi, questo senso di smarrimento e ansia rispetto all’avvenire. Se gli adulti continuano a ritenere che i giovani non maturino, non si impegnino, non siano motivati e il mondo del lavoro non funzioni, è ovvio che i ragazzi cresceranno con un’idea distorta di futuro. Probabilmente la speranza l’hanno persa gli adulti e questo si riflette sui giovani. Questa è una generazione dinamica che ha molte opportunità ma non sempre riesce a farne tesoro. È fondamentale il ruolo degli adulti nell’assicurarsi di crescere ragazzi con una coscienza civica ed etica, aiutandoli a trovare il loro posto nel mondo».
In questa carrellata di interventi, non poteva mancare la dirigente scolastica del Liceo Scientifico di Pinerolo, Caterina Melis. «La richiesta giunta dagli studenti di aumentare le ore della psicologa a scuola è un evidente segnale di disagio», racconta, individuando nella didattica a distanza una delle cause principali. «Mi accorgo che oggi i ragazzi, molto curiosi, pieni d’interessi e aperti a tutto ciò che li circonda, sono molto fragili di fronte all’insuccesso scolastico, tendono ad attribuire la colpa a cause esterne. Questa assenza di autocritica è sintomo di insicurezza». Come descriverebbe la nostra generazione? «Mi piace pensarvi come un gruppo di studenti capace di andare al di là di quello che è l’interesse individuale».
il ruolo dello sport
Gli adulti di riferimento non appartengono soltanto al mondo della scuola o alla famiglia. Nel quotidiano di un giovane, un ruolo importante è giocato dallo sport. Pino Lo Gioco è allenatore di calcio presso la società Asd Bricherasio:«Il mio ruolo non è soltanto quello di preparatore tecnico, ma soprattutto di educatore. Per quanto possibile, cerco di lasciare un’impronta nel percorso di crescita dei ragazzi, ne sento la responsabilità». Il valore aggiunto del calcio? «Indirizzare i ragazzi verso la strada dell’inclusione e nella creazione di un gruppo solido e compatto, da cui imparare e con cui confrontarsi. Lo sport deve essere un luogo in cui sentirsi al sicuro e protetti».
Gli fa eco Francesco Barile, insegnante di Educazione fisica al Liceo Porporato di Pinerolo e maestro all’Accademia Scherma della città: «Nella sala di scherma ci sono quasi sempre persone motivate, che si allenano per scelta, ma in generale lo sport non è abbastanza valorizzato. Vedo ragazzi con il fiatone dopo aver salito una rampa di scale a scuola e questo non è sano: con la tecnologia si sta diventando sempre più sedentari. L’attuale sistema scolastico non dà una formazione nella scuola primaria, dove non c’è una figura di riferimento per quanto riguarda lo sport, tant’è che la maestra o il maestro, che può essere brava/o a insegnare matematica o italiano ma non conosce bene l’ambito sportivo, si ritrova a insegnare Educazione fisica ai bambini».
La nostra generazione in una frase: «Connessa con tutto, ma talvolta non riesce a relazionarsi dal vivo. Lo sport potrebbe essere una soluzione, perché crea aggregazione e fondamentali momenti di condivisione».
Anna Boccuzzi, Sabrina Bottino
Emanuele Gai, Ilaria Ghivarello
Martina Mammoliti, Tommaso Merlo
Andrea Ramonda, Lucrezia Zucaro